Avvolto in un copricapo chiaro il volto di Medea, la terribile e crudele figlia del re della Colchide, si mostra nella sua umana solitudine. Sembra contenere una dolce purezza, il silenzioso desiderio di amore.
Una Medea a noi sconosciuta, perché passata alla storia per le azioni racchiuse in quel pugnale argenteo che oltre la cornice punta verso il suo cuore. Pugnale stretto nelle mani di un’ombra senza volto: il lato oscuro di Medea. L’unico che si è mostrato attraverso il racconto mitologico.
Con le sue pennellate in grado di rivoluzionare Nina ci presenta l’umanità racchiusa dietro ogni scelta sbagliata e mette in luce la parte luminosa e sofferente di una Medea che non ha la forza di alzare lo sguardo, che non mostra le mani, ma espone il viso, in antitesi con il pugno chiuso intorno al pugnale e il volto celato della Medea carnefice.
Luci e ombre che ci portano ad intuire la complessa pienezza di ogni storia che si muove tra superficie e profondità.
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